giovedì 15 novembre 2007

Vendetta alcolica vendetta

Prologo.

C'è stato un tempo in cui i ragazzi presentavano a casa le proprie fidanzate. Fù così che mia sorella si ritrovò in visita di cortesia nel Friuli. A tavola, al momento di riempirle il bicchiere, rifiuta gentilmente: "Sono astemia, grazie lo stesso". La bottiglia reclinata rimane sospesa. Sgomento totale: "Astemia?!". Il terrore paralizza i visi dei commensali: la distilleria clandestina di casa è in pericolo. La nemica di grappe, acqueviti e pinot e tocai si è infiltrata abilmente per debellare antiche tradizioni e passioni. Lui, imbarazzato, le dà calcetti sotto il tavolo. Lei capisce: "No, non dovete preoccuparvi, bevete senza problemi". Tutti si rianimano, gli animi si rilassano. La confidenza prende piede, eccessivamente anche. Mia sorella diviene bersaglio di ironie e lazzi, fino all'ignobile: "E' un sacco di tempo che non passa un astemio da queste parti". Risate collettive. Lui pare non la difenda.
Mia sorella, capito?

Non sono per le vendette a caldo. E nemmeno per il serafico: "Siediti sull'argine e attendi il cadavere galleggiante del tuo nemico". Preferisco la vendetta calma, lucida, tardiva ma non troppo. Sono più per: "Dopo 10 anni che ti ha offeso, vai dove sta pescando, infliggi più danni possibili con gomitate, testate e manate alla gola poi gettalo nel fiume. Dopo corri il più veloce possibile verso valle, siediti sull'argine e goditi il cadavere galleggiante del tuo nemico ".
Vantava una buona conoscienza enologica, attestata dalle origini nordestine un pò più a nordnordest. Vantava, l'ingenuo...

Tre anni dopo.

Serata al giapponese, il direttore è mio amico. La trappola è pronta dal pomeriggio: mix di scolature di altre bottiglie, acqua, sake; ottima etichetta. Io, ragazza, sorella, lui, arriviamo. Chiedo al mio complice dove sia il gestore: lui recita rispondendo freddo che è stato appena licenziato. La nostra prenotazione non risulta tra l'altro ma si sforzerà di sistemarci. "Crudo o cotto? Prima volta eh? Lasciate fare me". Nonostante nell'ultimo mese sia stato suo ospite tutte le cene, fingo completa e imbarazzata ignoranza: "Si, faccia lei". Si ripresenta con una bottiglia di vino, la nostra: "Mi sono permesso di scegliere per voi questo Greco di Tufo: chi prova?". Indico il mio dirimpettaio come il sommelier della compagnia. Lui si schernisce ma compito annusa e assaggia. Tratteniamo il respiro; il direttore arretra di un passo; io preparo il tovagliolo per parare gli spruzzi. L'esperto friulano posa il bicchiere compiaciuto della degustazione: "Và bene". Sospetto il mio complice di tradimento ma anche lui è sorpreso. Allungo il mio bicchiere in fretta, brindo e ingollo: un abominio. Non mi convince, gliene verso dell'altro ma lui beve e pasteggia beato. Io proseguo nel vuotare nascondendo il disgusto, voglio vedere dove arriverà. La cosa continua finchè il mio amico, incapace di assistere a tal obbriobrio, non giunge sorridendo con un vero Greco e sostituisce l'adulterato. Rivelata la macchinazione, il millantatore è smascherato e marchiato con ignomia. Vita natural durante.

Epilogo.

Tutt'oggi, quando si rispolvera la storia, lui difende quel nettare. L'autunno successivo si iscrisse ad un corso di enologia.

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